Matthew Vaughn non è il solo ad essersi dedicato al rifacimento dei vari generi cinematografici, i comics in primis; ma lo ha fatto a suo modo, senza prendersi troppo sul serio, con la giusta dose d'ironia ma pure di rispetto, e di malinconia per i codici d'epoca. KINGSMAN è una specie di James Bond, o piuttosto di film di spionaggio, giustamente preso di mira a metà tra il serio e il faceto. Una parodia, ma con la sua dose adrenalitica d'azione filmata, sonorizzata, musicata con impeccabile efficacia. Un cocktail dii più o meno improbabili situazioni zero zero sette in dissacrazione pop, con tanto di cattivissimo che minaccia la sopravvivenza universale e di malefica dark lady supersexy munita di lame affilate come protesi al posto delle ormai più banali gambe affusolate. Ma pure un delirio di spie assurdamente gentleman, di soluzioni machiavelliche, di dialoghi svitati e referenze tarantiniane. Di allegre citazioni (dagli addestramenti militari alla Kubrick all'azione coreografata orientale tipo Johnny To) che si perdono in un'inventiva indubbia (un paio di sequenze sono a dir poco esaltanti) e talvolta anche sprecata. KINGSMAN è un film ibrido, che ha trovato un suo delizioso (e non esattamente facile) equilibrio. Gran parte del proprio fascino lo deve alla qualità della regia; ma il sapore a tratti irresistibile nasce dal suo tono squisitamente british (completamente svanito nella versione doppiata in italiano), suo e dei suoi attori, maestri di distinzione che sfuma nel dandismo, che non a caso rispondono al nome di Colin Firth e Michael Caine. Con il buon cinema si può anche divertirsi da morire? KINGSMAN ne è la riprova più evidente.